Abbraccia sempre la tua Ombra, tendi l'orecchio alle voci dei tuoi demoni e spera che mai si stanchino di parlarti!

venerdì 18 aprile 2014

Moebius (2013) di Kim Ki-Duk



Kim Ki-Duk ha fatto del cinema la metafora. L'uso dei simboli e le persone come tramite del simbolismo erano mezzi artistici già utilizzati dal regista ne L'Arco (2005) e poi in Bi-Mong - Dream (2008), ma qui, in Moebius, si tocca. per così dire l'apice di questa tecnica, attraverso la scarnificazione di ogni scena ridotta all'osso, la sceneggiatura è completamente annullata, anche la musica viene inserita soltanto all'inizio e alla fine, quasi come a voler aprire e chiudere il sipario. 
L'eterna tragedia greca di Edipo Re viene messa in scena in maniera crudelmente grottesca. Sì, perché di fronte all'estremità di alcune scene e agli sguardi profondi e sofferti dei protagonisti, non si può far altro che ridere, cercando in tal modo di scacciare il malessere per difenderci dallo shock per poi, in seguito, sentirsi in colpa ad aver deriso la sofferenza. 
Moebius non è altro che la storia eterna delle relazioni umane e della famiglia. 
Il matematico tedesco August Ferdinand Mobius parla di un nastro (il cosiddetto nastro di Mobius) che, a differenza di altri oggetti i quali hanno una parte esterna e una interna, invece, "ha un solo lato e un solo bordo. Dopo aver percorso un giro, ci si trova dalla parte opposta. Solo dopo averne percorsi due ci ritroviamo sul lato iniziale. Quindi per esempio, si potrebbe passare da una superficie a quella "dietro" senza attraversare il nastro e senza saltare il bordo ma semplicemente camminando a lungo". (cit. Wikipedia)

giovedì 10 aprile 2014

Miracolo a Le Havre (2011) - di Aki Kaurismaki

Aki Kaurismaki ha fatto un vero e proprio miracolo con questo film, capace di farci vedere la luce anche dove sembra non poter arrivare e, invece, si scopre con enorme stupore che proprio nel mondo delle ombre risplende un sole più grande di quello che l'occhio umano può osservare nel cielo. In questo film si impara che nel poco ci sta il tanto, che nel minimo ritroviamo il massimo, che nell'oscurità risiede la luce e che nella cattiveria e nell'ingiustizia vi è anche una profonda e genuina bontà. Un'immagine che dona speranza a tutti coloro che hanno la fortuna di poterla realmente vedere.
Confesso che sono rimasta stupita da questo Kaurismaki attuale, perché dopo aver visto La Fiammiferaia (1989) e le Luci della Sera (2006) ho avuto l'anima stretta in una morsa per giorni, tanta era l'indifferenza e il freddo glaciale che tali pellicole lasciavano. Meravigliosi quanto agghiaccianti anche i film appena citati che raccontano di una solitudine isolata e silenziosa, in cui la recitazione ricorda gli ultimi film di Bresson. Da queste premesse, dunque, non avrei creduto che nel mondo del regista finlandese ci fosse spazio per la speranza. E' vero anche che Vita da Bohème del 1992, di cui questo film appare esserne un continuo, già esplorava il mondo della povertà e dei buoni sentimenti anche se in chiave più realista.